domenica 18 novembre 2007

Non si può cambiare un sistema dal governo, ma dal potere

Scritto da Enzo Trentin

Troppo spesso ci adagiamo in ciò che crediamo di sapere senza sforzarci di vedere le cose da un punto di vista diverso. Idee come democrazia, Stato, popolo ci sembrano così ovvie e scontate che non ci si ferma quasi mai a riflettere su quanto siano in realtà artificiose. Oggi si è giunti potenzialmente ad avere gli strumenti per potersi informare e istruire in maniera indipendente, e quindi per potersi riorganizzare riducendo ai minimi termini un apparato pubblico a questo punto autoreferenziale, parassitario, fonte ormai quasi esclusiva di conflitto sociale, e stando ai trend degli ultimi anni anche di un nuovo conflitto su scala mondiale.
Il desiderio di alcuni politicanti di semplificare il quadro politico in due grandi poli, non solo non ha senso, è inutile fumo negli occhi all’opinione pubblica, supportato da un sistema dell’informazione sostenuto non già dal suo naturale interlocutore, i lettori, bensì da tutti i contribuenti, compresi quindi chi i giornali non li legge.Oramai anche autorevoli docenti [Michele Trancossi*] cominciano a scrivere: Destra e Sinistra non cambia nulla. Sono tutti uguali. Oggi ne abbiamo le prove lampanti. I furbetti del quartierino sono stati sgominati. Clementina Forleo ha sputtanato con le intercettazioni Fassino e D'Alema che non possono più fare la parte delle verginelle pudiche. Berlusconi ha smesso di urlare allo scandalo, tronfio del fatto che anche gli altri rischiano di essere sputtanati giudiziariamente.Da mesi sembrava tristemente conclusa la stagione delle acquisizioni e delle fusioni bancarie. Il risico sembrava perfettamente riuscito. Ora trapelavano solo notizie di una possibile fusione-allenza tra UNIPOL (la grande delusa della storia) e Banca Popolare di Milano.Ecco invece la novità. Con un colpo a sorpresa Banca Monte Paschi di Siena mischia le carte in tavola e torna a riaccendere il risiko bancario Italiano. Mps ha annunciato infatti di aver raggiunto un accordo con il Banco Santander per l'acquisto del 100% di Banca Antonveneta per una cifra pari a 9 miliardi di euro in contanti, al netto delle partecipazione di Interbanca. Per chiudere la partita con gli spagnoli del Santander ai senesi (che sono banchieri dal 1472) sono bastate 24 ore.Un matrimonio tra toscana e veneto, tra la banca senese e quella padovana (l'operazione dovrebbe essere chiusa entro il primo semestre del 2008) darà vita al terzo gruppo bancario italiano dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit-Capitalia, ma in pole position per numero di sportelli (mille quelli di Antonveneta più 2mila di Mps) e dipendenti.Al di là della cattiva reazione dei mercati, ci sono altri corollari a questa acquisizione. Il primo è che Antonveneta torna a essere italiana. Il secondo è il prezzo: 9 miliardi sono tanti. Ma se si pensa che due anni fa la banca è passata agli olandesi per quasi 8 miliardi, e se si calcola che dentro al suo "perimetro" c'era anche la banca d'affari Interbanca, valutata circa un miliardo, ed esclusa da questa operazione (resta al Santander) allora si conclude che Mps paga oggi 9 miliardi quello che due anni fa è stato stimato 7.Sulla vicenda UNIPOL - Antonveneta Berlusconi e la CDL al completo avevano gridato allo scandalo, si erano stracciati i capelli, come pazzi. Ora solo silenzio.
Antonveneta non è stata acquistata dalle cooperative, che qualche leader del Centro-Destra usa spesso per gettare fumo negli occhi ai sui elettori indottrinati. La fusione con una Banca non desta preoccupazione.Ma tra Unipol e Montepaschi cambia qualcosa, almeno in termini di proprietà? Unipol è direttamente legata ai DS. Ma lo è anche Montepaschi, cassaforte laica senese, da sempre vicina agli uomini della sinistra. Quello di Siena è l'unico istituto bancario la cui maggioranza (58%) non sta sul mercato ma è di una Fondazione, controllata dagli enti pubblici (Comune e Provincia su tutti). Enti pubblici governati dal dopoguerra da solide maggioranze Pci, poi Pds, poi Ds. E presto PD.Il Manifesto è stata l'unica voce fuori dal coro in questa vicenda. Ha osato titolare "Ora anche il Partito democratico ha una banca". Fassino e D'Alema, legati ad uno stile ex-comunista avevano miseramente fallito nell'operazione. Mentre San PD, grazie anche all'amore palese tra Draghi e Veltroni, è riuscito nell'operazione con l'approvazione di gran parte dell'opposizione. In conclusione, abbiamo l'ennesima riprova che il centro-destra e il centro-sinistra sono del tutto uguali, con le mani in pasta negli stessi affari. Che non si fanno la guerra, ma solo scaramucce per differenziarsi un minimo agli occhi degli elettori. E quando li chiamano “Casta” si arrabbiano pure definendo chi li attacca "anti-politici". Per quello che ci riguarda preferiremmo un altro aggettivo "anti-affaristi". Adesso Berlusconi ha Mediolanum e Mediobanca, il PD ha Montepaschi, Unipol e Antonveneta. Le altre banche (e assicurazioni) sono un po' meno schierate, anche se per ognuna è possibile trovare una precisa collocazione politica. La “Casta” così aumenta il proprio potere e lo paghiamo noi con le spese bancarie e il signoraggio estorto ai cittadini da una banca privata: la Banca d'Italia. Constatato ciò, qualche domanda pleonastica: A che serve affidarsi ancora ai partiti politici che siedono in parlamento?
Meglio ancora a che servono "questi" partiti? I partiti che controllano le banche, non lo fanno forse per perpetuare il proprio potere egemonico?
Cos’ha a che fare l’egemonia di partiti autoreferenziali con le libertà democratiche? Il 18 Aprile 1993, 31.225.867 cittadini-elettori-contribuenti, attraverso un apposito referendum rifiutarono di finanziare i partiti politici italiani. Come mai questi “democratici” se ne infischiarono della “sovranità popolare” e legiferarono per “rimborsare” i partiti in maniera ancora più pingue?
Quali spazi di democrazia ci saranno ancora, dopo che oltre all’Obolo di Stato, possono contare anche sul credito e sulla potenza finanziaria delle banche? Per concludere: non sarà possibile ad un nuovo partito, per quanto riformatore e composto da persone dotate d’integrità, cambiare il sistema da “dentro”; solo il popolo può avere il potere democratico per farlo. Ci sono alcune leggi che correttamente interpretate consentono ai cittadini-elettori-contribuenti di esercitare quella sovranità che (prevista dall’art. 1, Comma 2 della Costituzione) oggi appare l’unica possibilità per gli italiani di non vedersi sprofondare nella miseria del quarto mondo. Ma è un’opera d’informazione che solo pochi e liberi mezzi d’informazione sono in grado di fare. Si parla molto di rafforzare i poteri del “premier”. Ma poco o nulla di potenziare gli strumenti della democrazia. Uno di questi è il referendum propositivo, non previsto dalla Costituzione italiana. Non tutti sanno che il 18 novembre se ne svolgerà uno su base regionale in Valle d’Aosta. Il voto sarà valido se sarà raggiunto il quorum del 45% dei cittadini elettori. Il referendum propositivo è stato introdotto dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta nel 2005, con la sola astensione della Casa delle Libertà. Nel 2007, dunque, il cittadino voterà direttamente l’approvazione di cinque proposte di legge, assumendo il ruolo di legislatore. Sostanzialmente dicendo ai politicanti: «O ci fate le leggi che ci servono, o ce le facciamo noi!»
(*) Michele Trancossi / Università di Modena e Reggio Emilia su www.disinformazione.it
tratto da: Il Legno storto

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