lunedì 31 dicembre 2007

MESSAGGIO DI FINE ANNO DAL MOVIMENTO PER L'INDIPENDENZA DELLA SICILIA


Solitamente il 31 dicembre è, tra preparativi e ultime spese, il momento del messaggio del Presidente della Repubblica Italiana. Tutta la stampa coloniale italiana si concentra, unitamente agli uffici di propaganda dei più noti leaders "politici", sulle solite frasi trite e ritrite.
Noi indipendentisti, come moltissimi siciliani, non lo ascolteremo, non lo commenteremo, per noi sarà come se lo stesso Capo dello Stato Italiano non esistesse. Per questo, preferiamo diffondere queste poche righe riepilogative, e d'augurio, a tutti i nostri fratelli, così come ai media, che come da consuetudine (per "superiore ordine") le ignoreranno. O meglio, le eviscereranno sì, ma tacendo alla gente. Che pure non ha più voglia di farsi ingannare, e sempre più spesso si rivolge a quei pochi ma fortunati esempi di stampa libera che si ostina ad esistere e non tace.
E proprio dalla stampa, ma ovviamente non quella italiana, giungono i segnali più significativi di conferma di ciò che, in questi ultimi anni, abbiamo affermato e dimostrato con sempre più forza e convinzione. Cioè, che l'Italia è al capolinea. "Times" e "Ney York Times", come già nel 2005 l'"Economist", non hanno faticato a descrivere l'Italia come un Paese al declino, sulla via del tramonto. Non hanno fatto altro che osservare una realtà che è sotto gli occhi di tutti, e che solo il rigido regime dei partiti italiani e il loro apparato di propaganda si ostina a negare, nascondere, dissimulare, cercando di distrarre i cittadini con finte beghe e numeri da teatro, quali ad esempio le scaramucce sulla legge elettorale, che alla fine sarà sempre e comunque conservativa e autoreferenziale rispetto ai partiti esistenti e, soprattutto, a chi già occupa le istituzioni: emblematico è l'esempio del "registro dei partiti".
Ma, nel frattempo, in Sicilia si sono nascoste le alluvioni e i baraccati anche da decenni e decenni, si è taciuto dei processi ai principali esponenti politici ascari, sono aumentati tasse e balzelli, è diminuita l'occupazione stabile, è aumentata l'emigrazione, si è attentato al territorio, all'ecosistema siciliano, ai beni comuni, sono aumentati (e aumenteranno, come annunciato, nel 2008) i prezzi non solo dei consumi di ciò che non ci fanno più produrre, ma anche dell'energia, dei prodotti petroliferi, dell'elettricità, che produciamo in misura maggiore di quanto non consumiamo. Al caro prezzo di centinaia, migliaia di bambini nati morti o deformi. Un tempo, lo stesso regime italiano i nostri bambini li ammazzava nella miniere di zolfo, dove rimanevano seppelliti spesso senza nome, come i loro fratellini non nati del XXI secolo.
Ma la preoccupazione dell'Italia è quella del nuovo Trattato Europeo, un nuovo manto burocratico distante anni luce dalle necessità e dalle culture locali, utile solo a fossilizzare l'attuale colonizzazione, grazie anche al sistema di ratifica parlamentare. Ma proprio dall'Europa arrivano le più grandi novità: al Montenegro indipendente presto si affiancheranno il Kosovo, la Scozia, e le Fiandre, proprio nel cuore dei potentati politici "europei". Si fa sempre più difficile negare l'inalienabile diritto di autodeterminazione dei popoli.
È un'aria, quella della libertà della nazioni senza stato, che soffia su tutto il globo: dal Quebec alle Hawai'a, passando per la Catalunya, Euskadi, arrivando nel Libano dei giovani indipendentisti, nel Pakistan della martire Bhutto, fino in Tamil Eelam, in Nepal e fra i Maori di Aotearoa ("Nuova Zelanda") che nonostante la repressione poliziesca e le "cartoline" televisive negazioniste, proseguono nel loro cammino per riavere la terra sottratta con la truffa, l'inganno, la violenza.
La stessa truffa, inganno, violenza che sottrasse la Sicilia ai Siciliani. Ed è proprio in Sicilia che le summenzionate autorevoli testate anglosassoni, nell'intonare il Requiem per l'Italia, rinvengono invece una vitalità. Un sentimento, quello contro la mafia, che è innegabilmente contro ciò che guida, indirizza, promuove la mafia stessa: lo Stato Italiano.
Che sta per graziare Contrada: prima che l'ex dirigente del Sisde parli, spieghi come la mafia non sia altro che una struttura prevista, calcolata, necessaria per opprimere e criminalizzare la Sicilia. Che deve rimanere "brutta e cattiva", e far passare l'Italia per l'incarnazione della giustizia.
No, ma la stampa internazionale non ci sta. Napolitano grazierà Contrada, ma è il Napolitano che, in barba alle proprie origini e alla propria stessa storia politica, ad ogni piè sospinto preme sul pedale del risorgimentalismo, dell'italianismo, dell'unitarismo. E, soprattutto, non ci sta la gente. Non ci stanno i siciliani, a passare per "curnuti e vastuniati". La televisione potrà ancora mandare ridicole fiction apologetiche dei presunti "boss" mafiosi, potrà sottolineare come qualche stupido, soprattutto ragazzini senza una vera famiglia (e questo dovrebbe essere il cruccio dei media e delle istituzioni!), si sarà lasciato affascinare da questi romanzetti, ma il Popolo, quello Siciliano, è stufo.
Per questo il 2007 da un lato è stato tremendo, pieno di attacchi ed attentati alla Sicilia, alla sua cultura, ai suoi diritti. Si pensi alle "celebrazioni garibaldine", si pensi ai "bamboccioni" di Padoa Schioppa, impaziente di eradicare quanto rimane della trasmissione culturale e linguistica nelle famiglie siciliane, quelle di nonni e nipoti sotto lo stesso tetto. Ma il ministro italiano preferisce la omologazione, appiattimento, emigrazione (come molti suoi colleghi) per i giovani, e l'abbandono in ospizio per gli anziani. Anche per se stesso, non più in verde età?
E si pensi ad Amato e al suo parallelismo con il Pakistan. Ebbene, se i pakistani sono queli valorosi uomini e donne che impavidamente scelgono la piazza e rischiano la vita per chiedere democrazia e libertà dalle ingerenze esterne, allora ci sentiamo fieramente pakistani.
Ma proprio per queste ragioni, il 2007 è stato l'anno dell'inizio della rinascita per la Nazione Siciliana. Detenuta da uno Stato che esiste ormai solo sulla carta, come lo stesso cardinale Bertone ha in parte dovuto ammettere, costretto a dismettere finanche la propria compagnìa aerea di bandiera per appianare parte degli effetti della gestione criminale e personalistica degli "affari pubblici", la Sicilia ha ripreso il risveglio interrotto negli anni '40.
Questo risveglio passa anche per la lotta alla mafia, mafia che è effetto strategico dell'oppressione coloniale. Questo risveglio passa per un modello virtuoso di rivendicazione e gestione, che passa dalla piccole comunità e trova nei giovani i suoi migliori sostenitori, la nostra forte, vigorosa, disinteressata classe dirigente del futuro. Questo risveglio porterà all'indipendenza nazionale della Sicilia.Presto i nostri giovani potranno evitare di lasciare casa e non tornarvi più, emigrati o morti.
Presto i Siciliani potranno evitare di utilizzare quella lingua artificiosa ed imposta che ci troviamo costretti ad usare anche per redigere questo testo. Presto chiunque, in un procedimento elettorale tornato pienamente democratico, libero, e partecipativo, potrà partecipare liberamente alla formazione delle leggi (altro che le 19 "leggine regionali" dell'ARS 2007!) e alla gestione della terra. Si, la terra, perché la nostra rivendicazione finale è la restituzione della terra che fu dei nostri avi, che fu per secoli stato indipendente e sovrano, luogo di progresso e benessere, centro e traino dell'Europa e del Mediterraneo.
Questo perché adesso, dopo anni di difficoltà per i veri indipendentisti, e di inganni "autonomisti" e ridicole polverizzate imitazioni, il 2007 è stato l'anno in cui è realmente tornato un movimento indipendentista popolare, partecipato, serio, antimafioso, antimassonico, trasversale che cresce con il crescere di adesioni, entusiasmo, partecipazione popolare. Nel 2007 il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia è definitivamente ripartito, e l'obiettivo è vicino. Il 2008 sarà un anno decisivo, fra vecchie e nuove lotte, scoop e conquiste, e il ritorno nella piazza. Perché se è vero che parteciperemo alle consultazioni elettorali con nostri candidati e simboli per scardinare l'autorità precostituitasi dall'interno dei nostri palazzi occupati dai partiti abusivi e dai traditori e dimostrare la validità del "modello indipendentista", è sulla partecipazione popolare che si poggia il certo futuro di decolonizzazione, autodeterminazione ed indipendenza della Sicilia.

È questo il nostro sincero augurio per il 2008.

Catania, 31 Dicemmiru 2007

A cura dell'Ufficio Stampa, Comunicazione e Propaganda del M.I.S.

mercoledì 12 dicembre 2007

Tibet Libero

Domani sera, 13 dicembre, dalle ore 21.20 la Web Tv di Obiettivo Nord Ovest propone una serata sul tema "Tibet Libero". Dopo la visita del Dalai Lama a Milano nei giorni scorsi, riteniamo doveroso contribuire anche noi, per il poco che possiamo fare, all'azione di sensibilizzazione finalizzata al riconoscimento di una vera autonomia e dei diritti umani al popolo tibetano.

Free Tibet:
Giovedì 13 dicembre alle 21.20 su http://www.obiettivonordovest.blogspot.com

martedì 11 dicembre 2007

Finanziaria: fondi per i comuni separatisti

ROMA - Arrivano più fondi per i Comuni che hanno chiesto di cambiare regione. La commissione Bilancio della Camera ha approvato lo stanziamento di trenta milioni di euro in tre anni per sostenere il Fondo creato per le aree svantaggiate confinanti con le Regioni a statuto speciale. In particolare ne beneficeranno i comuni del Veneto che avevano chiesto di far parte dell'Alto Adige. (Agr)

lunedì 10 dicembre 2007

Il taglio all'Ici vale 77 euro per casa


I cittadini di Roma e Torino si potranno godere la dote più ricca, rispettivamente 122 e 117 euro per abitazione, mentre chi vive in Trentino-Alto Adige avrà la soddisfazione di dire definitivamente addio all'imposta sulla prima casa, che in Regione nel 2008 scompare per tutti. L'italiano medio, invece, riceverà un beneficio di 77 euro, con uno sconto del 34,9% rispetto a quanto pagato quest'anno.Prendono forma gli effetti della nuova detrazione statale sull'Ici per la prima casa prevista dal Ddl Finanziaria per il 2008 ora in discussione alla Camera. A elaborarli, città per città, è un'indagine a tappeto sui conti dei Comuni capoluogo svolta da Crel e Unioncamere del Veneto, con il supporto tecnico del Centro Studi Sintesi. Per individuare il valore reale, città per città, della nuova detrazione, lo studio ha ricostruito la base imponibile delle abitazioni principali, applicando ad essa il "taglio" dell'1,33 per mille istituito dalla manovra. In valore assoluto, ovviamente, lo sconto cresce dove l'imposta effettivamente pagata è più alta e si riduce al lumicino dove i valori catastali contenuti e la bassa pressione fiscale abbassano il conto dell'imposta: si spiegano così, ad esempio, i 19 euro di alleggerimento di cui si dovranno accontentare i cittadini di Crotone, i 27 euro che finiranno in tasca a chi abita a Trapani o i 35 che toccano in sorte a Rovigo e Frosinone.

Al capo opposto della classifica, invece, il primato trentino si spiega con il fatto che le generose detrazioni già in atto a livello locale riducevano l'imposta in misura consistente, e l'interventogovernativo sul 2008 completa il lavoro. Ma a spingere i ricercatori veneti, che già in passato hanno messo sotto la lente i «costi del non federalismo», è soprattutto il nuovo colpo all'autonomia dei conti comunali inferto dalla misura. Fatto 100 il gettito Ici al lordo delle detrazioni, infatti, quest'anno i Comuni potevano contare su risorse proprie per 61,8, mentre l'anno prossimo la loro quota scenderà al 36,3 e la fetta mancante entrerà nel gioco (ancora incerto) delle compensazioni. Il risultato (si veda il grafico in alto) è un'erosione di altri 2,3 punti dell'autonomia tributaria locale (cioè la quota di entrate da tributi propri sul totale), che scende a quota 41 per cento (la differenza con il 2005 è invece un fenomeno solo contabile,dovuto al cambio delle regole sulla compartecipazione all'Irpef statale).

Il federalismo fiscale, insomma, continua a essere molto presente nel dibattito ma a latitare nella realtà. E questo passo del gambero riduce i margini di manovra degli amministratori locali: «Quello del Governo – riflette ad esempio Francesca Balzani, assessore al Bilancio del Comune di Genova –è un intervento a gamba tesa senza senso, che mette in soffitta tutte le misure sulla prima casa che avevamo in progetto. Ora non ci resta che immaginare qualche beneficio per i canoni concordati e le ong».

E con l'eccezione di Milano, che nelle misure fiscali per il 2008 approvate dalla Giunta abbassa l'Ici per la prima casa dal 4,7 al 4,4 per mille, nessuno nei capoluoghi di Regione sembra cullare l'intenzione di ridurre la pressione fiscale. «Il nostro Fisco – spiega da Firenze l'assessore al Bilancio Tea Albini ( anche lei ha già portato i conti 2008 in Giunta) – rimarrà fermo, ed è già un buon risultato vista la costante sottovalutazione del ruolo dei Comuni da parte del legislatore».Stessa riflessione arriva da Roma (che però sull'Ici era intervenuta con un alleggerimento nel 2007), mentre a Torino, dove le misure fiscali sono ancora in fase di costruzione, non si esclude nulla: «L'Ici – spiega Gianguido Passoni, che tiene i conti di Palazzo di Città –rimarrà ferma se non arriveranno troppe notizie negative, ma per noi l'effetto finanziario della nuova detrazione è forte e si somma ai tagli già subiti per i fabbricati rurali e i servizi esternalizzati ». In vista, invece, c'è un ritocco al rialzo della Tarsu (in media del 5%, ma più consistente per le attività commerciali) per avvicinarsi alla copertura totale del servizio (si veda il pezzo in basso). Tarsu in pericolo (+4-5% è la previsione) anche ad Ancona per l'aumento dei costi di discarica, mentre si affaccia anche un nuovo ritocco all'addizionale Irpef, che potrebbe toccare il tetto dello 0,8% (l'anno scorso era passata dallo 0,5 allo 0,7%).

fonte: ilSolte24ore

Un fatto storico, un episodio poco olimpico


I tibetani hanno sempre desiderato vivere liberi nelle proprie patrie indipendenti: ma questo desiderio è stato frustrato e represso dalla Cina comunista per oltre 50 anni. E' un fatto storico-politico che la Cina abbia invaso il Tibet nel 1949-50, soverchiando e annientando una piccola armata tibetana che difendeva il proprio Paese. Il dominio cinese in questo paese non è quindi stato ottenuto tramite il consenso del popolo o tramite un processo storico. A fronte di questo panorama storico-politico, si è visto che la giovane bellezza del Tibet Tsering Chungtak, ventiduenne studente in Sociologia, si è vista estromessa dal concorso di Miss Turismo 2007 che si conlude in Malaysia, perchè gli organizzatori, su pressione di Pechino, le hanno comunicato che poteva parteciparvi solo presentandosi come "Miss Tibet-Cina" e non come "Miss Tibet". E' stato il consolato cinese a fare esplicita richiesta affinchè la concorrente tibetana cambiasse fascia. La giovane tibetana ci teneva a partecipare, ma non se la sentiva di tradire la sua cultura ed il suo titolo, "Miss Tibet", conquistato in passerella. E' stata esclusa. In vista dell'appuntamento olimpionico, ormai prossimo, sarebbe stato più consono, da parte del governo di Pechino, un atteggiamento in linea con la mentalità olimpica, nei confronti della giovane Chungtak.Le parole del Dalai Lama, espresse nei giorni scorsi in una conferenza stampa a Milano, potrebbero essere da monito alla causa tibetana: "tutto il mondo sa che non chiediamo l'indipendenza, ma l'autonomia del Tibet" nel rispetto della costituzione della Repubblica Popolare Cinese, la quale prevede, o dovrebbe prevedere, il rispetto delle diverse etnie.

Andrea Gentilini

Paese Basco. Una delegazione di Batasuna in Italia ha ribadito che la lotta continua nonostante la repressione


Nei giorni scorsi una delegazione composta da due dirigenti del partito della sinistra basca Batasuna è stata protagonista di assemblee pubbliche ed incontri con i rappresentanti delle forze politiche della sinistra italiana oltre che con i movimenti di solidarietà con la causa basca. Dal 4 al 7 dicembre il responsabile delle relazioni internazionali di Batasuna, Eusebio Lasa, e il responsabile per l’Europa della commissione esteri, Jonan Lekue, hanno avuto la possibilità di esporre il loro punto di vista durante affollate assemblee pubbliche, la prima realizzata a Milano presso il centro sociale Vittoria, la seconda a Roma presso la Casa della Pace. In queste due occasioni i due rappresentanti della sinistra basca hanno ribadito la volontà di Batasuna di non rinunciare alla lotta per l’autodeterminazione del loro popolo nonostante la repressione ed hanno interloquito con le forze politiche della sinistra alternativa, con i centri sociali, le associazioni, i sindacati di base riguardo alla situazione attuale nel Paese Basco e sulle prospettive future della lotta di liberazione.

Durante il loro soggiorno in Italia i rappresentanti di Batasuna hanno voluto incontrare numerosi rappresentanti istituzionali dei partiti della sinistra di governo: un incontro si è tenuto al Senato con Mauro Bulgarelli, Giorgio Mele e Giuseppe di Lello; un altro alla Camera con Luciano Pettinari, Salvatore Cannavò e Francesco Caruso; un altro ancora con Marco Rizzo nella sede romana del Parlamento Europeo. In un altro incontro Eusebio Lasa - che ha recentemente sostituito Joseba Alvarez, arrestato dalle autorità spagnole all’inizio del mese di ottobre - ha avuto l’occasione di incontrare il senatore del PRC Fosco Giannini. Colloqui non ufficiali si sono svolti invece con i responsabili del dipartimento esteri del PRC e dei Verdi. In ogni occasione i dirigenti della sinistra basca hanno voluto ribadire la richiesta alla comunità internazionale e a maggior ragione alle forze progressiste affinché non cessino e anzi si intensifichino le pressioni nei confronti delle autorità dello stato spagnolo per una risoluzione pacifica del conflitto che, dopo il fallimento della trattativa e la rottura del negoziato, è ripreso in tutta la sua violenza. Nello scorso mese di maggio le condizioni per l’inizio della soluzione del conflitto con il consenso di ambo le parti c’erano tutte: una commissione formata da osservatori internazionali neutrali aveva presentato un documento di mediazione che aveva raccolto da subito l’adesione di Batasuna, mentre l’ETA aveva affermato che se su quel testo ci fosse stata la convergenza di tutte le parti l’organizzazione armata avrebbe abbandonato le armi. Ma il governo del socialista Zapatero, nonostante la disponibilità espressa nelle settimane precedenti, aveva rigettato il testo abbandonando la trattativa.

Ora, mentre l’ETA ha ripreso le sue azioni armate, il governo spagnolo ha scatenato di nuovo una ondata repressiva che mira esplicitamente alla distruzione fisica di tutta la sinistra indipendentista: all’inizio di ottobre sono finiti in carcere 19 dirigenti di Batasuna catturati per lo più durante una riunione della direzione, mentre tra il 30 novembre e il 1 dicembre il tribunale speciale di Madrid ha ordinato l’arresto di ben 46 militanti di organizzazioni politiche, sociali, sindacali, ecologiste, oltre a giornalisti, intellettuali ed imprenditori, accusati di sostenere l’ETA e puniti con pene che vanno mediamente dai 9 ai 18 anni di reclusione in un processo farsa la cui sentenza dovrebbe essere pubblicata il prossimo 19 dicembre. Il problema per Zapatero ora è utilizzare la repressione contro la sinistra indipendentista come argomento della campagna elettorale che si concluderà con le elezioni politiche spagnole del marzo prossimo. Nella sfida con la destra del Partido Popular, Zapatero vuole dimostrare che i socialisti sono capaci di gestire una repressione più dura ed efficiente di quella che ha in passato condotto il partito di Aznar e di Rajoy. Batasuna ha ribadito che la repressione – prima quella franchista, poi quella del terrorismo di stato dei GAL, poi la persecuzione giudiziaria e la messa fuori legge operata in maniera bipartizan da PSOE e PP – non ha mai portato alla messa all’angolo di una forza politica profondamente radicata nel corpo della società basca e alla testa di praticamente tutte le mobilitazioni più massicce e interessanti in ambito sociale, sindacale, ambientalista, internazionalista ecc. Solo per fare un esempio, in queste settimane in tutto il territorio basco si stanno tenendo manifestazioni ed azioni di boicottaggio nei confronti della costruzione di una costosissima e dannosa linea ad alta velocità.

Un altro obiettivo di Zapatero sembra essere quello di indebolire il più possibile Batasuna e la rete sociale indipendentista per poter, una volta vinte le elezioni, trattare la riforma dello statuto basco di autonomia direttamente coi democristiani baschi del Partito Nazionalista, senza dover includere il movimento di liberazione nazionale. Zapatero ha incluso nel suo programma di governo una presunta riforma della “Spagna delle autonomie” che mira a cambiare alcuni dettagli del rapporto tra nazionalità e Stato senza toccare la costituzione e lasciando tutto sostanzialmente invariato. Fino ad ora l’operazione gli è riuscita in Andalusia e in Catalogna, ma non nel Paese Basco, dove la sinistra indipendentista ha impedito la nuova truffa. Lasa e Lekue hanno avvertito che se non si risolveranno i nodi che causano il conflitto - il riconoscimento per il popolo basco del diritto all’autodeterminazione, e la riunificazione di tutti i territori baschi divisi tra Stato spagnolo e Stato Francese - il conflitto non potrà essere realmente risolto. La sinistra basca ha riconfermato la sua disponibilità, nonostante la repressione, a riprendere la trattativa, e già durante gli scorsi mesi ha presentato al governo spagnolo una proposta che potrebbe essere accettata da tutte le parti in causa senza che ognuna debba fare concessioni ritenute eccessive. Batasuna ha proposto la riunificazione dei 4 territori baschi all’interno della frontiera spagnola in una unica autonomia, mettendo fine alla partizione operata tra Navarra e Comunità Autonoma Basca alla fine degli anni ’70 dalle istituzioni descritte come democratiche ma in realtà nate dall’autoriforma del franchismo. Sorgerebbe così una nuova autonomia dotata di uno statuto che riconosca la possibilità di un’ulteriore evoluzione istituzionale e del “diritto a decidere”. La Navarra tornerebbe a riunirsi dopo decenni di separazione con il resto delle province basche spagnole, in seguito ad un processo non di natura annessionistica ma di coinvolgimento della popolazione tramite una consultazione popolare. Per quanto riguarda i territori baschi dentro le frontiere francesi Batasuna ha proposto la creazione di un dipartimento che le riunisca e che formi una autonomia dotata di competenze in ambito economico, culturale, linguistico, sociale. Le due comunità potrebbero così rafforzare la cooperazione cosiddetta transfrontaliera pur rimanendo all’interno di due stati separati. Nulla di particolarmente radicale, in effetti, ma questa proposta è stata finora rigettata tanto dalle autorità di Madrid che da quel Partito Nazionalista Basco che ha paura di perdere i privilegi accordatigli in questi decenni in cambio della propria fedeltà al centralismo spagnolo.

Altre ondate repressive potrebbero scandire il countdown verso le elezioni spagnole di Marzo: nel mirino ci sono il Partito Comunista delle Terre Basche – che ha un gruppo di 9 deputati nel parlamento regionale basco – e Azione Nazionalista – che ha invece ottenuto un ottimo risultato elettorale nelle elezioni di maggio portando nei comuni centinaia di consiglieri comunali e ottenendo una cinquantina di sindaci nonostante la persecuzione giudiziaria e l’annullamento di più della metà delle liste elettorali presentate. La magistratura ha già messo in atto un dispositivo che potrebbe portare alla messa fuori legge di entrambe le formazioni politiche che si sono prestate a rappresentare tutta la sinistra indipendentista basca dopo l’illegalizzazione di Batasuna. La decisione, avvertono i rappresentanti baschi, sarà di natura politica e non certo giuridica.

Ai parlamentari della sinistra italiana Batasuna ha chiesto uno sforzo in termini di informazione - perché i media continuano a disinformare - ed un impegno diretto nel sostegno, in tutti gli ambiti istituzionali italiani ed internazionali, di tutte quelle iniziative che portino alla ripresa del negoziato e alla fine della brutale repressione contro la società basca.

Marco Santopadre
fonte: marco.santopadre1@tin.it

Indipendentzia pro sa Sardigna

giovedì 6 dicembre 2007

Taiti: Per la visita del Dalai Lama il Comune esponga la bandiera tibetana


Prato, dicembre 2007 - Il consigliere comunale Massimo Taiti della Lista Civica Taiti per Prato ha presentato un ordine del giorno in merito alla prossima visita in Italia del Dalai Lama: «Premesso che sarà in Italia nelle prossime settimane, a Roma, Milano e Torino, il Premio Nobel per la Pace 1989 Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama del Tibet, accompagnato da Karma Choepel, Presidente del Parlamento Tibetano in esilio;
che 85 senatori di tutti i gruppi politici hanno rivolto un appello al Presidente del Senato, Franco Marini, per chiedergli di organizzare in occasione della visita a Roma del Dalai Lama, costretto all'esilio dal 1959 a causa dell'occupazione violenta del Tibet da parte della Cina comunista, una iniziativa di sostegno alla lotta per la libertà e l'indipendenza del popolo tibetano. I senatori hanno ricordato nel loro appello anche l'eroica e nonviolenta resistenza dei monaci buddisti birmani contro la feroce dittatura militare che opprime ed insanguina da anni il loro Paese;che sono già forti e pressanti gli inaccettabili veti che il governo della Cina comunista ha espresso per cercare di costringere i Paesi occidentali, tra cui l'Italia, ad ignorare istituzionalmente la presenza del Dalai Lama e della delegazione dei tibetani in esilio;che la lotta nonviolenta scelta dal popolo tibetano, guidato saggiamente dalle autorità religiose buddiste, sta emozionando e commuovendo da anni i popoli liberi della Terra. Pare prudente e ragionevole, per rafforzare la lotta nonviolenta dei tibetani, fatta propria anche dai birmani, dare peso politico alla strategia realistica del Dalai Lama che, da anni, ha rinunciato alla legittima richiesta di indipendenza per reclamare "una genuina autonomia" che permetta di salvare la lingua, la cultura, la religione ed il territorio del Paese "tetto del mondo";chiede che dal giorno 12 dicembre fino a tutta la durata della visita in Italia del Dalai Lama e della delegazione del Parlamento Tibetano in esilio venga esposta sul palazzo comunale la bandiera nazionale tibetana, quale segno di solidarietà, simpatia, comunanza d'intenti delle istituzioni civiche pratesi e della intera cittadinanza con la lotta nonviolenta del Dalai Lama e del popolo tibetano».

martedì 4 dicembre 2007

Comunicato del MAV


Sabato 1 dicembre a Varallo presso l’albergo Monte Rosa si è svolto il 1° convegno dei movimenti e associazioni autonomiste.“Favorire una maggiore integrazione istituzionale, economica, e culturale fra Piemonte e Liguria e al contempo proporre una legge elettorale per il Piemonte che limiti lo strapotere di Torino e dia effettiva rappresentanza alle diverse zone della Regione” . Sono queste le principali proposte politiche avanzate sabato scorso dal convegno degli autonomisti liguri e piemontesi presieduto dal segretario del “Movimento Autonomista Valsesiano ( M.A.V.) Marco Giabardo. Nell’ampia e approfondita relazione, Andrea Giribaldi rappresentante “Obiettivo Nord Ovest”di Sanremo ha dichiarato che il principale intento degli autonomisti è di promuovere “ l’unione amministrativa della Liguria e del Piemonte in un'unica macroregione con autonomia legislativa e decisionale su come impiegare le proprie risorse e tutelare la propria specificità e le identità locali attraverso un COMUNE PATTO FEDERALE”.

Non si tratta di un progetto utopico, bensì previsto, sia pure con procedure complesse e farraginose, dalla stessa costituzione. Per Giribaldi, ” quest’unione tra le due regioni e utile anche per rilanciare lo sviluppo economico acquisendo competitività su mercati internazionali ma per ottenere questo occorre dotare le nostre regioni di un sistema amministrativo più moderno, che guardi positivamente al modello federalista e che alleggerisca l’enorme apparato burocratico frutto di una vecchia e deleteria politica centralista “.Su questa proposta s’e registrata un’ampia convergenza fra tutti i partecipanti e nei loro interventi sia il consigliere comunale astigiano Fenoglio e che il rappresentante torinese del “ Movimento Regionalista “ Bissacco hanno ribadito la necessità di articolare il discorso autonomista sia su livello economico che su quello culturale.Il convegno ha poi affrontato concretamente le questioni concernenti la rappresentanza politica ed istituzionale , oggi fortemente squilibrata a favore delle megalopoli , Genova in Liguria e Torino in Piemonte. I sessanta consiglieri regionali del Piemonte dovrebbero essere eletti con sistema uninominale in altrettanti collegi, corrispondenti ai diversi “ Cantoni ” o Vallate dell’intero territorio. Torino che oggi ha un numero enorme di rappresentanti ne avrebbe uno solo , Novara altrettanto , cosi come la Valsesia , il Biellese , il Canavese , l’Albese, etc..Si eliminerebbe così la condizione attuale, per cui anche con una votazione all’unanimità per un candidato Valsesiano questo non avrebbe comunque i numeri per entrare in regione.

Lo stesso dovrebbe essere fatto per gli enti o comunità montane o collinari che dovrebbero essere rappresentative di una COMUNITA’ senza paletti burocratici e politici di ogni sorta e direttamente eletti dalle comunità stesse.Del resto, diversi gruppi presenti al convegno già si sono strutturati su base locale , come il M.A.V. organizzatore del’incontro o il “Movimento per l’Autonomia Ossolana” presente a Varallo con l’On. Polli.

In un’ampia retrospettiva sulla travagliata storia dell’autonomismo, Roberto Gremmo ha voluto ricordare che i pionieri dell’idea di unione fra Piemonte e ponente ligure furono più di trenta anni fa Enrico Berio di Sanremo e il direttore “Assion Piemonteisa” l’ex partigiano Luigi Cerchio.Un ruolo centrale di Novara nella sinergia funzionale del Nord Ovest e stato rivendicato dalla Scrittrice Silvia Garbelli della “Libera Compagnia Padana “ (L.L.C.P.) che ha criticato il “torinocentrismo” , calorosamente applaudita da tutti i presenti.Sono pervenuti inoltre i messaggi di saluto dal “Fronte Friulano”, “Regione Lunezia “, “Comunità Antagonista Padana”, “Movimento Indipendentista Biellese”, “Jeunesse Valdotaine” e dal “ Gruppo ALPAZUR”.Erano presenti gruppi della Val Susa , Val Sangone e della “NO TAV” , per la Valsesia gruppi autonomisti di Serravalle , Alagna e Varallo Per conto nostro abbiamo ricordato che la lotta per l’autonomismo non può essere meramente economica o a soli fini fiscali, ma che soltanto una forte identità etnica, la valorizzazione di lingue e culture locali possono dare alla gente lo stimolo più forte per rivendicare la propria sovranità su territorio. Nel presente non può esistere un popolo che si possa considerare indipendente a tutti gli effetti, ma i popoli liberi possono decidere autonomamente le proprie dipendenze.

Marco Giabardo
Francesco Sargentini
M.A.V.Movimento Autonomista Valsesiano
Via 24 maggio 16/3 13019 Varallo

domenica 2 dicembre 2007

L'intervento di Andrea Giribaldi

Si è tenuto sabato a Varallo Sesia un convegno sulla proposta di unione federale di Liguria e Piemonte in una grande regione a Statuto speciale. Hanno partecipato al dibattito rappresentanti di movimenti e associazioni autonomiste e federaliste di tutto il territorio ligure-piemontese. Il convegno si è aperto con la relazione introduttiva del sanremese Andrea Giribaldi, portavoce del movimento “Obiettivo Nord Ovest”

“Ritengo fondamentale l’incontro di tutti i movimenti autonomisti per creare un “laboratorio politico-culturale” di idee e progetti al fine di restituire credibilità alla causa autonomista e federalista all’interno di un serio dibattito politico.
Il movimento “Obiettivo Nord Ovest” nasce dall’esigenza di un territorio, quello ligure piemontese, il quale necessità di maggiore autonomia per rilanciare la propria economia, soffocata da decenni d’immobilismo della politica nazionale e soprattutto per restituire dignità ai propri popoli.
Per raggiungere questi obiettivi la proposta di unire la Liguria e il Piemonte in un’unica macroregione a statuto speciale assume un significato rilevante.
L’unione del nord ovest non è una novità nel dibattito politico: da oltre trent’anni il gruppo “Alpazur” evidenzia la complementarietà tra il territorio marittimo ligure e il retroterra piemontese, promuovendo l’unione amministrativa delle due regioni. Nel 1994 la Fondazione Agnelli, in uno studio sul federalismo applicabile in Italia, ridisegnava i confini delle regioni riducendole da 20 a 12, unendo la Liguria e il Piemonte, riconoscendo l’oggettiva difficoltà che regioni troppo piccole avrebbero nell’essere autosufficienti, nel gestirsi e nel programmare piani di sviluppo funzionali, oltre che il rischio di creare un disequilibrio nei rapporti interni della confederazione stessa.
Quest’anno i due presidenti di Liguria e Piemonte, Claudio Burlano e Mercedes Bresso, hanno ripreso il progetto Liguria-Piemonte partendo da un accordo quadro interregionale per la gestione comune d’interventi d’interesse congiunto, in particolare, sui temi della sanità, del turismo e delle infrastrutture. Entrambi i presidenti hanno inoltre auspicato l’ottenimento dello statuto speciale per la macroregione.
I vantaggi economici che deriverebbero da quest’accordo sono molteplici e interesserebbero entrambe le regioni. La nuova macroregione acquisirebbe, inoltre, grande competitività nei mercati internazionali, attraverso le oltre 450 mila imprese ed un Prodotto Interno Lordo di 144 miliardi di euro, rendendola seconda alla sola Lombardia.
Analizziamo perché questo progetto è così importante per la causa autonomista e federalista.
Innanzitutto occorre chiarire cosa s’ intende per autonomia e per federalismo.
Questi termini, a volte, vengono accomunati sotto lo stesso significato e tradotti nel classico slogan “padroni a casa nostra”, un modo un po’ semplicistico di risolvere la questione.
Altri, al contrario, contrappongono il concetto di autonomia, al quale legano il significato di “separazione” e “divisione”, al termine federalismo che invece associano al concetto di “unione”.
Non condivido questa contrapposizione in quanto ritengo che autonomia e federalismo siano parte integrante dello stesso processo. Se per federalismo intendiamo un patto, o contratto, stipulato da diverse comunità che concedono parte della propria sovranità per mettere in comune alcune competenze, non possiamo prescindere dal considerare due aspetti fondamentali.
Il primo è quello di ritenere questo patto o contratto come mutabile nel tempo e riconoscere il naturale diritto di rescindere il contratto stesso (e quindi di secedere dalla federazione), qualora un qualsiasi contraente non ritenesse più vantaggioso l’accordo.
Il secondo aspetto è che i rispettivi contraenti, che intendono stipulare il “patto”, devono godere della propria indipendenza. Stipulare un patto federativo tra comunità impossibilitate di "contrattare liberamente", in quanto assoggettate ai vincoli di un organo comune superiore, rappresenterebbe ciò che si può definire "embrione" o “surrogato” di patto federativo, ma che, ovviamente, è ancora lontano dal federalismo che noi tutti auspichiamo di raggiungere. E’ evidente, quindi, l’impossibilità di trasformare uno stato centralista in un vero stato federale, senza prima riconoscere l’autonomia alle comunità che lo compongono e la piena libertà nello stipulare reciproci accordi.
Il primo passo deve essere, quindi, l’ottenimento dell’autonomia, da conquistare con una contrattazione ed una forte pressione da esercitare nei confronti dello stato, soprattutto attraverso il consenso popolare.
L’attuale classe politica vive e si arricchisce grazie ad un sistema clientelare, assistenziale, autoreferenziale, di cui il centralismo è la madre naturale, motivo per cui non sarà facilmente concessa l’autonomia alle comunità locali.
E’, però, innegabile che il “Sistema Italia” è fallimentare: la tassazione è tra le più alte d’Europa, gli enormi “buchi” del debito pubblico e del sistema pensionistico aumentano ogni anno e le spese per la pubblica amministrazione non tendono a diminuire. Di fronte a questi dati, la classe dirigente non intende proporre un forte piano di riforme, necessarie, non tanto per il rilancio, ma per la semplice sopravvivenza economica del Paese. Si aprono quindi scenari nuovi e tutto il movimento autonomista e federalista deve essere pronto nell’esercitare la giusta pressione e nel promuovere ogni azione che possa destabilizzare l’attuale sistema di suddivisione dei poteri, al fine di ottenere l’autonomia finanziaria, legislativa ed amministrativa, unico strumento per recuperare competitività, benessere economico e maggiore efficienza.
L’autonomia rappresenterebbe, inoltre, un utile strumento per favorire una riscoperta culturale locale e per riappropriarsi del comune sentimento d’appartenenza a comunità con proprie identità e specificità. L'Italia, infatti, autodefinitasi “Stato nazionale ed unitario”, ha affermato la sua unità con l'oppressione politica e la distruzione delle culture locali, attraverso processi di “italianizzazione”, nel tentativo di omologare culture e lingue diverse, in nome di un’italianità tutta da inventare e costruire.
Occorre considerare che le Regioni non sono nate dalla volontà popolare, ma da un atto unilaterale dello Stato che le ha create sulla base di un criterio geografico arbitrario, disegnando a tavolino i limiti territoriali, trascurando ogni principio culturale, etnico e linguistico. Una proposta di ridisegnamento dei confini, che coinvolga i cittadini attraverso strumenti di democrazia diretta, rappresenta, quindi, un passo in avanti nel riconoscimento del diritto di autodeterminazione dei popoli, che, solo sulla carta, è sancito dal diritto internazionale, ma non è effettivamente applicabile, in quanto non è altrettanto riconosciuto il diritto di autodefinizione dei popoli.
Attraverso il riconoscimento e la tutela delle realtà e nazionalità locali, quali i territori Insubri, Brigaschi, Occitani, Franco-provenzali e Walser, la Valsesia e la Val d’Ossola, la nuova macroregione potrebbe essere un esempio di come, applicando il modello federalista, si possono unire popoli e nazionalità differenti riconoscendone l’identità, l’autonomia e la libertà, senza dover necessariamente omologare e distruggere ogni diversità e particolarità.
La vicina Svizzera è l’attuale dimostrazione di come il federalismo ha unito comunità diversissime sotto il profilo etnico, linguistico e religioso senza annullarne le specificità.
Occorre tradurre tutti questi propositi in concretezza politica, partendo con l’ applicare la riforma del titolo V della costituzione, che permette alle Regioni di ratificare intese per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni (Art. 117) e di unire Regioni esistenti o crearne delle nuove quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.(Art. 132)
Regola, quest’ultima, importantissima in quanto il riconoscimento e l’applicazione della sovranità popolare sono caratteristiche essenziali di un sistema federale.
Contemporaneamente occorre esercitare una forte pressione per ottenere la riforma dell’articolo 116 della costituzione ed aggiungere la Liguria e il Piemonte nelle Regioni a Statuto Speciale.
Un patto tra Piemonte e Liguria può assumere, in questo senso, un chiaro e preciso intento politico: unire le forze per aumentare il potere contrattuale nei confronti dello stato centrale.
Le possibilità di successo crescono esponenzialmente se si combatte il centralismo da più punti: il consiglio regionale del Veneto, su proposta dei consiglieri di “Progetto Nord Est”, ha già approvato una legge regionale, da sottoporre al parlamento, nella quale chiede lo statuto speciale per il Veneto.
In Lombardia, il “Progetto Lombardia” ed il “Fronte Lombardia” hanno iniziato una raccolta di firme per chiedere lo statuto speciale per la propria regione.
E’ necessario, inoltre, combattere l’attuale bipolarismo che contrappone destra e sinistra, distogliendo l’attenzione dei cittadini dalla vera ed importante contrapposizione esistente tra le comunità, alle quali non viene riconosciuta la giusta autonomia, e lo stato centrale. Occorre pretendere che, chiunque venga eletto in un territorio, ne rappresenti le istanze, anche se in contrapposizione con la linea nazionale del partito”.
Concludo con una citazione di Gianfranco Miglio: “Con il consenso della gente si può fare di tutto: cambiare il governo, sostituire la bandiera, unirsi ad un altro paese, formarne uno nuovo”.

Foto Convegno Varallo









Lombardia: Statuto Speciale


Sabato 24 novembre, a Milano, il Fronte Indipendentista Lombardia, Progetto Lombardia e Lega Padana, hanno promosso una campagna comune finalizzata all'ottenimento dello Statuto Speciale per la regione Lombardia. Il leader della Lega Padana, Roberto Bernardelli, spiega come i movimenti abbiano trovato un comune denominatore nella “guerra” al centralismo statale; uno Stato sempre più incapace di dare risposte alle richieste dei cittadini. Un governo diviso in un falso bipolarismo che non permette di fare scelte. Oggi l'indipendenza del Nord è possibile tramite l'autonomia regionale. Occorre parlare di questioni concrete poiché tutti hanno ben presente cosa sia una regione a statuto speciale e per questo possono comprendere facilmente il nostro obiettivo. Alla conferenza stampa è presente anche Max Ferrari, FIL, il quale spiega come sia ormai divenuto difficile parlare di federalismo seriamente perchè, purtroppo, è stato troppe volte strumentalizzato ed utilizzato in maniera sbagliata; oggi a parole tutti i politici di Roma si dichiarano federalisti. Bisogna quindi trovare dei metodi alternativi, più semplici ed efficaci, per arrivare alla gente. Il fine è quello di realizzare una Lombardia a Statuto Speciale composta da Province Autonome come il Trentino – Sud Tirol. Inoltre sottolinea che, come da un rapporto della facoltà di Economia dell'Università di Genova, la Lombardia a Statuto Speciale terrebbe in cassa 24 miliardi di euro in più a quelli che già ha a bilancio annuale. Anche l'On. Arrighini, Progetto Lombardia, si esprime sulle difficoltà legate al federalismo, in particolare sulla necessità di creare una cultura federalista; questa, secondo Arrighini, potrebbe realizzarsi incominciando a parlare di Autonomia, poiché le due cose sono legate tra loro. Infine all'incontro a preso la parola Gilberto Oneto, Libera Compagnia Padana, il quale ha posto l'accento sui contenuti culturali del progetto autonomista settentrionale, ricordando come non si possa prescindere dal parlare di Padania, quando si parla di autonomia per il Nord. Per Oneto l'idea di una macro regione padana non va accantonata, bensì deve rimanere sempre l'obiettivo finale al quale mirare.